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Quei libri dimenticati

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Su come le nostre letture del passato non dovrebbero essere mai dimenticate,  e di come il loro valore rimanga nel tempo, contribuendo a formare le persone che siamo oggi

Abbiamo spesso l’abitudine di guardare con tenera condiscendenza i nostri libri preferiti durante la giovinezza, convinti che il bagaglio culturale e di esperienze che ci ha portato ad essere quelli che siamo ora, ci abbia cambiati irrimediabilmente. In meglio ovviamente. E quindi le emozioni che ricordiamo di aver provato con particolari letture durante gli anni della fanciullezza, siano appunto riconducibili alla limitata gamma di sentimenti che potevamo provare, e quelle stesse storie le vivremmo oggi con occhi più maturi e distaccati, che ce le farebbero giudicare in maniera più razionale.

Per fortuna però, ogni tanto ci decidiamo a rimettere in ordine le nostre librerie, e spostando cumuli di libri può capitare che ci cada tra le mani qualche vecchia conoscenza, magari un Michail Bulgakov con il suo “Il Maestro e Margherita” tutto stropicciato tante son le volte che ce lo siamo portati dietro per leggerlo, in tram piuttosto che sui banchi di scuola. Apriamo il vecchio russo in punto qualsiasi e rincontriamo Berlioz che chiacchiera amabilmente con un misterioso forestiero presso gli stagniPatriaršiee, e senza rendercene conto dopo 20 minuti ci siamo riletti quasi un quarto di libro. Ma sarà sicuramente un caso, colpa di qualche sortilegio di quel mascalzone diWoland.

Riponiamo il libro sullo scaffale e continuiamo a pulire, ma spostando una pila di romanzi impolverati, di una vecchia edizione economica, calcoliamo male l’oscillazione della improvvisata torre pendente, la quale non può che caderci rovinosamente addosso, con sommo divertimento delle pagine ingiallite, che finalmente prendono un po’ d’aria. Trattenendo improperi contro quel ragazzino, che spendeva tutte le sue paghette in libreria, raccogliamo un libro particolarmente rovinato, pensiamo di buttarlo viste le sue condizioni, ma decidiamo comunque di leggere prima qualche riga per capire cosa ci sarà mai stato di tanto interessante in questo signore francese di nome Malaussène bastano poche frasi a provocarci il primo ghigno divertito sul viso fino a poco prima contrariato, dopo due pagine il sorriso si è allargato fino a mostrare l’eccellente lavoro del nostro, ben remunerato, dentista e alla fine del capitolo ci troviamo a ridere da soli in una stanza deserta. Il suono della nostra voce ci riporta alla realtà e decidiamo di salvare anche questo vecchio libro sgualcito, metti caso un giorno ci sentissimo tristi e volessimo distrarci un po’.

Comincia però a insinuarsi un dubbio nelle nostre ferree convinzioni, un piccolo tarlo che comincia a mordicchiare le nostre certezze di superiorità rispetto a quel nostro io passato che si affacciava al mondo della lettura. Facciamo un ultimo tentativo e andiamo a scegliere un altro volumetto, che aveva visto sicuramente giorni migliori. Soffiamo sulla copertina per rimuovere un consistente strato di povere che ci impedisce di leggere il titolo: “La strada”, di tale Cormac McCarthy. Questo lo riconosci, ne hai comprato una copia identica un mese fa, e l’hai divorato in pochi giorni!

Ti accorgi così che il ragazzino di dieci anni prima aveva già capito molte cose, più di quante ne credessi possibile, e ti ritrovi ad essere contento di assomigliare ancora a quel giovanotto imberbe di belle speranze, che si avviava spensierato nel mondo letterario, come un novello Saltatempo, che da autore ad autore scopre le storie più belle: quelle ci fanno viaggiare con la mente, stando comodamente sdraiati sotto le coperte del nostro letto.

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