Il cinema incontra la scrittura, per capire meglio ciò che vediamo e tenere un diario delle nostre emozioni cinematografiche
Il XX secolo è stato il secolo delle immagini in movimento, che hanno saputo raccontare la storia dell’uomo facendolo sentire forse per la prima volta parte di una stessa comunità, cittadini di un mondo che dopo le guerre mondiali sembrava sull’orlo della disgregazione. I traumi subiti da generazioni che hanno vissuto alcuni dei periodi più tragici della storia dell’umanità hanno trovato una consolazione in quella che ancora oggi viene chiamata La Settima Arte, capace di risvegliare in loro la capacità di sognare, annullando per poche ore alla volta le preoccupazioni e le paure in quel fascio di luce che dall’alto proiettava su uno schermo storie fantastiche, lontane da un presente senza certezze ancora tutto da ricostruire.
Tra le arti il Cinema è quella a cui si associa quasi uno statuto speciale, una patente non di inferiorità, ma sicuramente di minor prestigio rispetto alle sue sorelle più antiche. La sua storia, nonostante sia molto più recente è tendenzialmente sconosciuta ai più, così come la sua vera natura. Il suo linguaggio è uno dei più difficili da indagare e comprendere, naturale quindi sentire il bisogno spesso di provare a tradurre in parole il marasma di sensazioni e sentimenti che la visione di una pellicola può provocare dentro di noi. Un critico francese un volta pose la domanda se il cinema fosse in grado di sopravvivere senza il sostegno della letteratura e del teatro, domanda che posta agli albori dell’arte cinematografica avrebbe avuto indubbiamente un secco “no “ come risposta, oggi invece ci troviamo a discutere di un passaggio fondamentale della letteratura, la quale se in passato faceva la sua comparsa prima della creazione filmica oggi spesso arriva dopo, in forma di analisi, studio e valutazione di ciò che vediamo in sala.
Le nostre vite sono permeate di film, siamo bombardati da trailer, pubblicità, interviste sul web, sui quotidiani generalisti, in televisione… di solito la maggior parte delle persone guarda un film per distrarsi, altri invece hanno una passione vera, ma sicuramente pochi sono coloro i quali una volta rientrati a casa prolunghino il piacere della visione traslando su carta le emozioni e i pensieri scaturiti dalla visione. Riflettendoci un attimo non è niente di più di quello che facciamo normalmente una volta usciti dalla sala, quando ci ritroviamo a scambiare opinioni e giudizi con i nostri accompagnatori, a proposito dei personaggi o di qualche snodo cruciale ma poco chiaro della trama. Spesso queste conversazioni si esauriscono nel giro di pochi minuti, e noi rimaniamo soli con i nostri pensieri. C’è spesso un pregiudizio di fondo che vede qualsiasi tipo di analisi critica come un ostacolo al pieno godimento di un opera o di uno spettacolo. Siamo restii a pensare analiticamente diverse forme di intrattenimento, come per esempio un concerto o una partita di calcio, ma il nostro piacere nel vivere eventi del genere è molto più alto se siamo in grado di avere una coscienza critica su ciò che vediamo. La persona che invece non avrà nessuna inclinazione o capacità di analisi su un particolare evento indubbiamente trarrà da esso un minore godimento.
Con il cinema accade lo stesso, se saremo in grado di mettere su carta le nostre impressioni e le nostre analisi su quanto appena visto non faremo altro che prolungare il piacere provato nel buio della sala, e allo stesso tempo compileremo un diario personale di emozioni che potremo andare a ripescare in futuro.
Quando si parla di questo molte persone rispondono subito “Ma io non ho le competenze, non sono mica un critico cinematografico”, ma non c’è niente di più sbagliato di questo modo di porsi, non c’è bisogno di aver letto libri, o seguito corsi di cinematografia per capire cosa ci è piaciuto di un film. Le emozioni trasmesse da uno schermo luminoso in una stanza buia trascendono le nostre nozioni, il potere salvifico dell’arte risiede proprio nel suo raggiungere l’anima delle persone al di là di ciò che di razionale loro possano avvertire e spiegare. Il cinema è un compendio di tutte le altre arti, così di un film una volta rientrati a casa, possiamo scrivere di una particolare scena come fosse un quadro, oppure soffermarci sulla colonna sonora che ci rimarrà in testa per giorni e che non vediamo l’ora di riascoltare, citare un dialogo fulminante, lodare l’interpretazione degli attori… tanti possibili spunti di riflessione che potranno essere affrontati tanto dal punto di vista tecnico, tanto da un punto di vista puramente emozionale se non saremo in possesso di particolari competenze.
Il cinema spesso racconta la contemporaneità, quindi le nostre recensioni potranno avere come base la pellicola appena vista per spaziare poi su temi molto più vasti che il film magari ha anche solo sfiorato. Quante volte una commedia di successo ha avuto il merito di fornire un quadro del mondo reale spesso più accurato e fedele di tanti lavori più accurati ma anche maggiormente ostici per il grande pubblico? L’Italia del dopoguerra e del boom economico potrebbe ancora oggi esser studiata in larga parte attraverso le pellicole dei migliori registi del bel paese a cavallo fra gli anni 50 e gli anni 70.
Se abbiamo scelto di passare la serata in compagnia di amici e andare in sala potremo annotare stralci delle discussioni avute all’uscita e aneddoti sul pubblico che ti sedeva vicino. Il cinema è pensato come esperienza sociale, nato per mettere insieme tante persone che si trovano in una grande stanza buia tutti davanti ad una storia, come nell’antichità si stava attorno a un fuoco ad ascoltare i racconti dei più saggi della comunità. Vedere un film in sala significa respirare l’elettricità nell’aria trasmessa dalle singole battute, carpire la paura e il disagio provocati da un personaggio e vivere quelle due ore come un unico grande spettatore.
Il Cinema nella sua forma migliore, anche solo per brevi istanti, per singole scene, traduce in immagini le nostre emozioni e rimescola i nostri sentimenti come nessun altra forma d’arte, chi non vorrebbe scrivere di un’esperienza come questa?