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La morale del taccuino

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Lo capisci subito, non serve star lì a pensare a come e perchè, è talmente chiaro che non bisognerebbe neanche notarlo. Chi la possiede, chi la annovera tra le pagine della propria anima, insomma, come direbbero a Napoli chi la tiene, lo si riconosce subito. La morale del taccuino è propria di chi ha uno spirito letterario, di chi da piccolo mal sopportava i numeri, odiava i calcoli e fuggiva da tutto ciò che odorasse di una noiosa razionalità, per la quale 2+2 farà sempre, solo e soltanto, fino all’infinito, 4. No, no, chi conduce un esistenza all’insegna della morale del taccuino predilige l’irrazionalità, guarda alla vita come a una mantello avvolgente di dubbi e insicurezze. Il romanticismo nel cuore e la prosa come unica arma di difesa per rifuggire dalla realtà banale e prevedibile della quotidianità. E scrive, dannazione se scrive, e legge, tutti i giorni passati su questo minerale dalle discrete dimensioni chiamato terra.

Perché un giorno senza appuntare qualche emozione o senza affaticare gli occhi su delle lettere stampate è un giorno (no non esageriamo, non è che non vale la pena viverlo) un po’ più noioso. E visto che la vita è un susseguirsi di situazione noiose, intervallate da sparute oasi di felicità, perché privarsi anche delle gioie più effimere? I calcolatori, le persone che hanno un cervello scientifico, proprio non lo capiscono, siamo diversi dalla nascita, ricevi l’imprinting come vieni al mondo e poco puoi fare per cambiare, credo di aver letto diversi studi a riguardo, ma non divaghiamo. L’essere umano estraneo alla morale del taccuino non si capacita di tutto ciò, lui ha quelle qualità fondamentali, che diciamocelo, portano avanti il mondo ogni giorno, e senza di loro saremmo perduti, noi che anneghiamo in una pozzanghera se rapiti dai nostri pensieri. Noi lunatici, sognatori, insicuri, umorali, distratti, deboli alle tentazioni; senza i calcolatori, i razionali, saremmo perduti.

Noi incapaci di non scarabocchiare, di scrivere tutto, di leggere libri, giornali, riviste, insegne, volantini, di perdere ore su una poltrona, come isolati dal mondo in una bolla, mentre gli occhi scorrono vorticosamente da sinistra a destra sulle pagine. Accumuliamo quaderni, block notes, post-it, agende, diari delle più svariate dimensioni. Entriamo nelle cartolerie e nelle librerie come rapiti da quell’odore di cellulosa e inchiostro che ci fa girovagare tra gli scaffali mentre accarezziamo le pagine, assaporando le diverse grammature della carta e i diversi motivi delle copertine.  Siamo così, e non vorremmo cambiare mai, anche se questo comporterà esser sempre guardati dall’alto in basso da chi non potrà mai capire, da chi sarà troppo impegnato a portare a termine l’ennesimo compito e non avrà il tempo di fermarsi un momento ad assaporare un attimo che non ripasserà più uguale identico. Insomma, l’avete capito, la morale del taccuino è proprio questa qui, e se devo darvi ancora una definizione per spiegarvela ancora meglio, allora mi spiace dirlo, ma mi sa proprio che non ce l’avete, anzi non la tenete.[:en]Lo capisci subito, non serve star lì a pensare a come e perché, è talmente chiaro che non bisognerebbe neanche notarlo.

Chi la possiede, chi la annovera tra le pagine della propria anima, insomma, come direbbero a Napoli chi la tiene, lo si riconosce subito. La morale del taccuino è propria di chi ha uno spirito letterario, di chi da piccolo mal sopportava i numeri, odiava i calcoli e fuggiva da tutto ciò che odorasse di una noiosa razionalità, per la quale 2+2 farà sempre, solo e soltanto, fino all’infinito, 4. No, no, chi conduce un esistenza all’insegna della morale del taccuino predilige l’irrazionalità, guarda alla vita come a una mantello avvolgente di dubbi e insicurezze. Il romanticismo nel cuore e la prosa come unica arma di difesa per rifuggire dalla realtà banale e prevedibile della quotidianità. E scrive, dannazione se scrive, e legge, tutti i giorni passati su questo minerale dalle discrete dimensioni chiamato terra.

Perché un giorno senza appuntare qualche emozione o senza affaticare gli occhi su delle lettere stampate è un giorno (no non esageriamo, non è che non vale la pena viverlo) un po’ più noioso. E visto che la vita è un susseguirsi di situazione noiose, intervallate da sparute oasi di felicità, perchè privarsi anche delle gioie più effimere? I calcolatori, le persone che hanno un cervello scientifico, proprio non lo capiscono, siamo diversi dalla nascita, ricevi l’imprinting come vieni al mondo e poco puoi fare per cambiare, credo di aver letto diversi studi a riguardo, ma non divaghiamo. L’essere umano estraneo alla morale del taccuino non si capacita di tutto ciò, lui ha quelle qualità fondamentali, che diciamocelo, portano avanti il mondo ogni giorno, e senza di loro saremmo perduti, noi che anneghiamo in una pozzanghera se rapiti dai nostri pensieri. Noi lunatici, sognatori, insicuri, umorali, distratti, deboli alle tentazioni; senza i calcolatori, i razionali, saremmo perduti.

Noi incapaci di non scarabocchiare, di scrivere tutto, di leggere libri, giornali, riviste, insegne, volantini, di perdere ore su una poltrona, come isolati dal mondo in una bolla, mentre gli occhi scorrono vorticosamente da sinistra a destra sulle pagine. Accumuliamo quaderni, block notes, post-it, agende, diari delle più svariate dimensioni. Entriamo nelle cartolerie e nelle librerie come rapiti da quell’odore di cellulosa e inchiostro che ci fa girovagare tra gli scaffali mentre accarezziamo le pagine, assaporando le diverse grammature della carta e i diversi motivi delle copertine.  Siamo così, e non vorremmo cambiare mai, anche se questo comporterà esser sempre guardati dall’alto in basso da chi non potrà mai capire, da chi sarà troppo impegnato a portare a termine l’ennesimo compito e non avrà il tempo di fermarsi un momento ad assaporare un attimo che non ripasserà più uguale identico. Insomma, l’avete capito, la morale del taccuino è proprio questa qui, e se devo darvi ancora una definizione per spiegarvela ancora meglio, allora mi spiace dirlo, ma mi sa proprio che non ce l’avete, anzi non la tenete.

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