Le riflessioni di Luisa Carrada sull’antica arte dello scrivere a mano, in un’epoca dominata da tablet, notebook e smartphone. Business Writer di professione Luisa ha raggiunto ormai una grandissima popolarità grazie al suo sito e al suo blog, luoghi dove elargisce consigli a chiunque voglia intraprendere il fantastico… mestiere di scrivere.
“Chi l’avrebbe mai detto che proprio in piena era digitale avremmo assistito al trionfo del taccuino?Quadernini e blocchetti di tutte le forme e di tutti i colori riempiono le più raffinate cartolerie così come gli scaffali dei supermercati. Ma non ci bastano i mille aggeggi digitali, sempre più piccoli, che portiamo con noi? No, non ci bastano e il perché ce lo spiegano artisti e scienziati.
Ci sono cose che si fanno meglio sullo schermo di un tablet o di un computer, altre che vengono infinitamente meglio se fatte a mano. Tra queste ci sono gli appunti di un’idea, di un progetto in nuce, cui aggiungiamo particolari appena ci vengono in mente. La mano è direttamente collegata al cervello e la lentezza imposta dalla scrittura o dallo schizzo si addicono alle idee dai contorni ancora sfumati: è come dar loro vita materialmente, vederle crescere seppure embrionalmente sotto i nostri occhi, cominciare a farle nostre.
E non finisce qui. Gli schizzi, dicevamo. Sempre più la parola vive insieme all’immagine, e non solo sul web. Il foglio di carta ci regala una grandissima libertà quando sentiamo il desiderio di disporre nello spazio parole, forme, simboli e colori. Che si traducono in maggiore creatività e memorabilità. Sappiamo bene quanto il ricordo di un dato, di un’informazione, siano legati allo spazio in cui li abbiamo letti o collocati. Una cosa impossibile per il sequenziale e asettico foglio di word.
E poi, con un bel taccuino, possiamo riprendere qualche antica e bella abitudine: trascrivere i sogni al mattino appena ci svegliamo, copiare i versi che ci piacciono, trascrivere una citazione da un libro e da un muro di città. Pagina dopo pagina, come un diario sentimentale, con parole dalle forme tutte diverse. Uniche e inconfondibilmente nostre, con una loro plasticità e un loro spessore. Una cosa impossibile per il più mirabolante dei tablet.”
Luisa Carrada